Mario Calderara (1879-1944) è uno dei più importanti pionieri dell’aviazione italiana, titolare del brevetto di pilota n. 1 in Italia (rilasciato dalla Federation Aeronautique Internationale nel 1910). Oltre che come aviatore, ha contribuito allo sviluppo del volo aereo come inventore, avendo progettato e realizzato vari prototipi tra i quali il biplano Goupy-Calderara, considerato tra i primi aerei di concezione moderna rispetto all’epoca in cui fu costruito (anche per il fatto di essere ad elica trattiva) e l’idrovolante Calderara, che nel 1912 era il più grande aereo esistente al mondo. Anche per questo viene considerato come uno dei padri dell’aviazione navale.

Portrait of Mario Calderara
Ritratto di Mario Calderara

Mario Calderara nacque a Verona il 10 ottobre 1879, figlio maggiore di un ufficiale di carriera dell’esercito, Marco, e di Eleonora Tantini. Marco Calderara (1847-1928) raggiunse il grado di generale degli Alpini. Eleonora Tantini morì nel 1901 a 50 anni, quando Mario aveva ventuno anni.

La passione per il volo

Sin dall’infanzia Mario era stato attratto dalla vita sul mare. Nel 1898 fu ammesso all’Accademia Navale di Livorno, e fu promosso guardiamarina nel 1901. Durante i suoi anni a Livorno era conosciuto dai suoi compagni di corso per sognare il volo umano, un fenomeno che in quegli anni era totalmente sconosciuto, a parte per i voli senza motore del tedesco Otto Lilienthal (che morì in un incidente di volo nel 1896) e il volo a motore abortito di Clement Ader in Francia. I compagni di classe di Mario scherzavano sulla sua mania del volo, ed uno di essi fece uno schizzo di Calderara su una macchina volante, che precipitava al suolo e veniva trasportato prima in ospedale, poi al cimitero.

Corrispondenza con i Fratelli Wright e primi esperimenti

Nel 1905, Mario Calderara scrisse ai fratelli Wright a Dayton, Ohio, dopo aver appreso dei loro tentativi di volo che erano riusciti (un rapporto documentato dei loro voli fu conosciuto solo dopo il 1905). Egli chiese loro alcuni dettagli tecnici, e fu piacevolmente sorpreso quando ricevette un a risposta esauriente da Wilbur e Orville, così come da F.C. Bishop, presidente dell’Aeroclub degli Stati Uniti. Tale corrispondenza continuò negli anni successivi e formò la base di un’amicizia che durò per tutta la sua vita. Calderara aveva già fatto alcuni esperimenti nel 1903 e 1904 con degli alianti primitivi, ed aveva studiato il comportamento di una superficie piana su un piano inclinato, calcolando il coefficiente di resistenza al vento (insieme con l’ing. Canovetti, utilizzò la funicolare fra Como e Brunate come piano inclinato per fare i suoi calcoli).

Esperimenti di volo nel Golfo di La Spezia

Dopo aver ricevuto le informazioni dai fratelli Wright, Mario Calderara chiese al Ministero Marina di essere autorizzato a compiere alcuni esperimenti di librazione sull’acqua, a rimorchio di una pirobarca. Il permesso fu dato nel 1906, e nella primavera del 1907 egli iniziò i suoi primi esperimenti di volo a vela nel golfo di La Spezia, con una “macchina volante” ispirata al biplano Wright. In un primo tempo piazzò il libratore su due galleggianti, trattenendolo con delle corde che rilasciavano gradualmente l’apparecchio per un sollevamento controllato. In seguito installò la sua macchina direttamente sulla coperta del cacciatorpediniere “Lanciere” e lo fece librare ad un altezza molto superiore, approfittando della maggiore velocità della nave. Egli raggiunse un altitudine di oltre quindici metri, ma, quando la nave accostò bruscamente a sinistra, il libratore si sbilanciò e precipitò nell’acqua. Calderara fu trascinato sotto la superficie ad una profondità di oltre tre metri, trattenuto dai cavi di acciaio dell’apparecchio. Fu portato all’ospedale quasi annegato e leggermente ferito, e gli fu proibito di continuare i suoi esperimenti, ritenuti troppo rischiosi.

La Spezia, 1907

Il biplano Calderara-Goupy

Nel 1908, il pilota francese Leon Delagrange visitò Roma in preparazione per dei voli dimostrativi. Il fabbricante dell’aereo, Gabriel Voisin, era con lui. Mario Calderara chiese a Voisin se poteva raggiungerlo a Parigi per lavorare nella sua officina come disegnatore e progettista. Voisin si dichiarò d’accordo, e Calderara fece domanda al Ministero per una licenza non retribuita di sei mesi. Nel luglio 1908 egli recò a Issy Les Moulineaux (vicino a Parigi) e lavorò nell’officina di Gabriel Voisin (i due erano diventati buoni amici e collaboravano per delle nuove idee). Dopo aver collaborato alla progettazione di vari aeroplani, ricevette dal sig. Ambroise Goupy, un francese agiato che si interessava di aviazione, la proposta di progettare e costruire a spese di quest’ultimo un nuovo tipo di macchina volante, molto leggera e di piccole dimensioni, un “biplano ad elica trattiva” il primo apparecchio di quel tipo. Egli costruì l’aeroplano, chiamato “Calderara Goupy”, e lo fece volare con successo l’11 marzo 1909 a Buc (Francia).

Il volo a Centocelle

In quei mesi (estate 1908) Wilbur Wright era stato invitato in Francia ed aveva dimostrato le potenzialità del suo meraviglioso “Flyer” che poteva compiere dei lunghi voli di trenta o sessanta minuti, mentre gli aeroplani costruiti da Blériot, Voisin e Farman potevano restare in volo solo per alcuni minuti. L’Aeroclub d’Italia, agendo in coordinazione con la Brigata Specialisti comandata dal maggiore Maurizio Moris, invitò Wright a Roma e offrì di acquistare un suo aeroplano. A Wilbur Wright fu richiesto di istruire uno o due piloti sul campo di Centocelle (il futuro aeroporto di Roma). Mario Calderara fu scelto come primo allievo, perché era l’unico in Italia ad avere volato.

Il Flyer Wright a Centocelle (1909)

Wilbur Wright venne a Roma in aprile 1909 e, dopo aver portato in volo molti VIP ,diede alcune lezioni a Mario Calderara e, negli ultimi giorni, al tenente del genio Umberto Savoja. Wright ripartì per gli Stati Uniti il primo maggio, dichiarando che Calderara era in grado di volare da solo, e che poteva insegnare il volo al ten. Savoja. Dopo la sua partenza Calderara fece molti voli prolungati senza alcun problema ma, in un giorno ventoso, il 6 maggio, il suo aeroplano precipitò ed egli rimase gravemente ferito (commozione celebrale). Dopo essere stato curato in ospedale, egli riuscì a riparare l’aeroplano Wright con l’assistenza di Savoja, che era un bravissimo ingegnere, e dopo un mese e mezzo (Luglio 1909) riprese i suoi voli a Centocelle.

Il Circuito Aereo di Brescia

Nel settembre 1909 l’Aeroclub d’Italia aveva organizzato un circuito aereo a Brescia (simile a quello che aveva avuto luogo a Reims, in Francia, nel mese di luglio). Calderara fu autorizzato a partecipare alle gare, che sarebbero state presenziate personalmente da Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele III. Tre settimane prima dell’apertura del circuito, un violento uragano distrusse gli hangar di legno e tela costruiti sull’aeroporto di Brescia per i partecipanti, ed il Flyer Wright che era stato ricostruito a Roma fu danneggiato in modo irrimediabile. I due ufficiali (Calderara e Savoja) riuscirono a ricostruire il biplano in 9 giorni, in tempo per l’ inizio della gara, utilizzando del legno e della tela di seconda qualità. Dopo aver montato sull’apparecchio un nuovo motore italiano, il “Rebus”, Mario Calderara partecipò a tutte le competizioni e vinse cinque degli otto premi in gara. Gli altri piloti italiani non riuscirono ad alzarsi da terra, ad eccezione di Anzani, il cui aereo francese venne semi-distrutto in un incidente di volo. I piloti che volarono con successo furono l’americano Glenn Curtiss e il francese Henry Rougier. Il circuito di Brescia fu un trionfo per Calderara, che da un giorno all’altro divenne un eroe nazionale, essendo l’unico italiano che sapeva volare. L’Aeroclub d’Italia gli conferì il brevetto di pilota n.1.

Il famoso poeta Gabriele d’Annunzio si interessava al volo umano ed era venuto a Brescia con la speranza di compiere un volo come passeggero. Egli riuscì a staccarsi da terra con Glenn Curtiss con un volo abortito di pochi secondi che lo lasciò molto deluso. Chiese quindi a Calderara, che conosceva dai tempi di Centocelle, di portarlo in volo. Quest’ultimo accettò e fece compiere a d’Annunzio un lungo volo (oltre dieci minuti) intorno all’aeroporto. Il poeta, entusiasta, lodò enfaticamente la perizia di Calderara. In quel periodo d’Annunzio stava scrivendo un romanzo sul volo umano, che rinnovava il mito di Dedalo e Icaro. Egli diede all’eroe del suo libro, Paolo Tarsis, un temperamento simile a quello di Mario Calderara, visto come un pilota dal carattere forte e con dei riflessi rapidi.

Le difficoltà e le amarezze

La notorietà di Calderara lo espose a molte interviste con dei giornalisti, e la sua disponibilità a spiegare la sua tecnica di volo non fu apprezzata dal suo diretto superiore, il maggiore Moris, che riteneva poco dignitoso tale comportamento da parte di un ufficiale di carriera ( Ciò fu forse l’inizio di una serie di divergenze fra i due ufficiali). Nei mesi seguenti, Calderara fu sottoposto a degli esami per un corso ufficiali a Livorno (richiesto per la sua promozione a Tenente di Vascello) e fu promosso con voti bassi penalizzato dalla sua attività aviatoria, che non gli aveva permesso di prepararsi adeguatamente agli esami: ciò danneggiò notevolmente la sua carriera.

Il maggiore Moris aveva accettato di utilizzare il piccolo aeroplano inventato da Calderara, il Calderara-Goupy, per l’istruzione dei piloti italiani, dopo averlo dotato di motore (il biplano era giunto a Centocelle dalla Francia senza motore). Tuttavia, nell’autunno del 1910, durante l’ assenza di Calderara, l’apparecchio venne rimosso dall’hangar dove veniva custodito e lasciato all’aperto, esposto alle intemperie. Presto la pioggia e il vento danneggiarono il biplano in modo irreparabile, e si dovette demolirlo. Ciò fu fonte di terribile amarezza per Calderara, il quale fu presto assegnato al Ministero Marina e non fu più utilizzato per la formazione di nuovi piloti.

L’idrovolante Calderara

Calderara chiese al Ministero il permesso di costruire a La Spezia un nuovo tipo di aeroplano adatto per decollare e posarsi sull’acqua. Gli idrovolanti non esistevano ancora in quei giorni, ad eccezione di un aereo francese progettato da Fabre che aveva molti inconvenienti.

Calderara progettò e costruì il suo idrovolante, la più grande macchina volante del mondo, nel 1911 e si alzò in volo con pieno successo nella primavera del 1912, trasportando tre passeggeri oltre al pilota. Egli fu invitato a Londra, dove proiettò un film dei suoi voli davanti ad un pubblico di alto livello che includeva il Lord dell’Ammiragliato Winston Churchill.

L’idrovolante Calderara nel Golfo di La Spezia (1912)

La Prima Guerra Mondiale e la scuola di Bolsena

La prima guerra mondiale si avvicinava, e la Marina italiana impose a Mario Calderara un’ interruzione delle sue attività aeronautiche ed un ritorno ai suoi compiti di servizio navale. Durante la guerra, Calderara fu imbarcato su varie navi da guerra, l’ultima destinazione al comando di una torpediniera in Adriatico.

Alla fine del 1917, Il Ministero lo destinò al comando di una nuova scuola per piloti di idrovolanti sulle sponde del lago di Bolsena, a nord di Roma. Gli allievi piloti erano degli ufficiali della Marina Americana (l’America era appena entrata in guerra) e la scuola svolse le proprie attività durante tutto il 1918 e fino al mese di luglio 1919. L’attività di istruzione dei piloti americani da parte del Calderara fu giudicata molto meritevole, non essendovi stato alcun incidente di volo in diciotto mesi, costituiva una dimostrazione di sicurezza e perizia eccezionali per quei giorni. La Marina degli Stati Uniti fu impressionata dalla capacità del Capitano di Corvetta Calderara, e gli conferì la “American Navy Cross”.

Gli anni a Washington e Parigi

Nel 1923, Calderara fu nominato addetto aeronautico presso l’Ambasciata Italiana a Washington. Egli assolse i suoi compiti con molta competenza e incontrò numerosi uomini di stato americani, fra i quali il presidente Coolidge ed il futuro presidente Herbert Hoover. Riprese anche i contatti con i suoi vecchi amici pionieri dell’aviazione, visitando Orville Wright e Glenn Curtiss e stringendo amicizie con altre persone attive nell’industria aviatoria.

La sua assegnazione a Washington terminò nel 1925, ed egli decise di interrompere la sua carriera nella Marina Italiana (nella quale aveva raggiunto il grado di capitano di fregata ). Si trasferì a Parigi, usando questa città come centro per la sua nuova attività: la rappresentanza di varie società americane che producevano motori per aerei e pannelli di strumenti di volo. Il suo nuovo lavoro richiedeva continui viaggi in Europa, in Turchia e in Unione Sovietica.

La sua attività fu un notevole successo, malgrado la crisi economica del 1929. Ma ormai un nuovo conflitto mondiale si avvicinava e, nel 1939, Calderara dovette trasferirsi nuovamente in Italia. Quando la guerra scoppiò , la casa acquistata dai Calderara nei dintorni di Parigi fu espropriata come proprietà nemica, e la famiglia dovette affrontare altre difficoltà finanziarie. Nel 1944, logorato dalle difficoltà e soprattutto dal suo vizio del fumo, Mario Calderara morì, per un malore istantaneo, nel suo letto. La sua cara moglie, la contessa Emmy Gamba Ghiselli, gli sopravvisse per 38 anni. Ella contribuì sostanzialmente alla raccolta di dati e documenti che costituiscono l’eredità storica di Mario Calderara.

Il brevetto di volo italiano n. 1 (1910)
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